Cosa rende una foto più o meno pubblicabile? (intervista)

Tutti noi che ci occupiamo del corpo e della sua immagine siamo a conoscenza delle ulteriori restrizioni che Instagram ha introdotto sulla piattaforma.
E’ un momento particolare per i social, che mai come ora vengono invitati a un’autoregolamentazione che se da un lato sembra necessaria -quando sono veicolo di disordini- dall’altra vede una stretta sulla sempre più mal gestita questione del corpo esposto e della nudità.
Il solo leggere i distinguo tra le regole di Instagram fa venire la pelle d’oca: corpi fatti a pezzi nelle loro parti e nei loro gesti, giudicati grossolanamente e continuamente, anestetizzati e uniformati in una logica estetica sempre uguale.
Il fatto di poter pubblicare immagini di armi da fuoco, che hanno una sola deprecabile funzione, e di dover censurare i capezzoli femminili in qualunque modo essi si presentino la dice lunga su come le piattaforme valutino la qualità dei contenuti che ritengano adatti per i propri utenti -la lista degli esempi è purtroppo molto più ampia.
E’ cosa buona quindi reagire a questa spinta censoria e iniqua diffondendo e spronando il dibattito, come ha scelto di fare Contro Storie (qui il sito web e qui il profilo Instagram) con una serie di interviste a persone che diversamente si occupano dell’immagine del corpo nudo.
Sono lieto di essere stato invitato a contribuire a questo dialogo, di cui pubblico qui una breve anteprima, invitandovi a leggere l’intervista integrale a questo link.

Se anche tu hai un blog o un magazine e vuoi ospitare Younalogue scrivendone o facendomi qualche domanda, visita la pagina dei Contatti pepropormelo.

Contro Storie/ Cosa ti ha spinto a scegliere la strada del nudo artistico e cosa cerchi di comunicare attraverso la tua arte?
Younalogue/ Ho un rapporto abbastanza conflittuale con il termine “nudo artistico”, non lo uso mai. Da’ come l’idea che il nudo in fotografia debba essere collocato necessariamente in una funzione, che non possa esistere in quanto tale: una foto di nudo è una foto, di nudo, non credo servano ulteriori distinzioni terminologiche. Se poi queste foto in qualche modo possano viaggiare all’interno di una corrente, un circuito o un dialogo che si possano definire “artistici” è un effetto secondario, non un presupposto al momento dello scatto. Una qualità intrinseca guadagnata sul campo.

Quello che cerco di comunicare è in realtà quello che cerca di comunicare chi partecipa; io mi rendo disponibile come tramite per il racconto fotografico, di mio metto giusto la composizione e il dito sull’otturatore. Ciò che compone maggiormente la comunicazione di e sul progetto è il confronto sulle tematiche del corpo e la creazione di un ambiente sano e privo di giudizio all’interno del quale sia possibile esprimere la propria nudità come atto di esistenza e non come atto performativo. Spesso scatto mentre chi partecipa mi parla, fuma, beve o anche mangia; mentre, insomma, vive un normalissimo e quotidiano scambio. Le foto sono un distillato di quell’incontro, una testimonianza che mi permetta di creare un oggetto attorno al quale continuare a sviluppare il dialogo.

CS/ Nel video “Define beauty: nipples” che abbiamo ricondiviso in occasione della tematica #censura, viene posta una domanda molto calzante e provocatoria, che vorrei riproporre a te: secondo te, chi decide o cosa rende una fotografia sessuale o artistica?

…vuoi sapere cosa ho risposto? Leggi l’intervista integrale su Contro Storie!

Link all’intervista: CLICCA QUI

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