Catcalling: only on actual cats

In Italia si torna a discutere di catcalling a seguito delle grette esternazioni di un individuo del quale non farò il nome, finito -giustamente- nell’occhio del ciclone per la sua esposizione mediatica.
Non starò qui a sottolineare il fatto che tale individuo diverse volte in passato si sia già reso foriero di messaggi antisociali, con primo fra tutti un fortissimo accento razzista, e che solo ora si arrivi a indicarlo finalmente per quello che è: un uomo dalle opinioni inutili pubblicamente, perché le opinioni non sono i pensieri maturati nel tragitto casa-lavoro ma costrutti mentali sviluppati in anni di pensiero, studio e confronto.
Perciò laddove un’opinione rappresenti sempre uno scambio in un contesto privato o comunque strutturato per questo stesso scambio, diventa inutile e pericolosa sul palcoscenico della propaganda (oggi socialmente disponibile a chiunque abbia accesso all’Internet); questo è il primo aspetto su cui riflettere quando ad aprire bocca è una persona chiaramente, manifestamente e purtroppo orgogliosamente retrograda; la comunità ha già giudicato però le parole di quest’uomo a-cognitivo, che di fronte alla perdita di follower (carburante della serotonina) ha capitolato dal difendere la sua posizione accorandosi in scuse -che trovo peggiori dell’affermazione in questione perché è una colpa imperdonabile quella di emettere giudizi senza conoscenza, e allora preferisco un retrograde convinto a un bullo impreparato.
Su Younablog però parliamo di corpo. Del rapporto tra corpo e socialina avrò modo di scrivere in futuro, su quello tra il corpo e il razzismo di cui non sono mai stati abbastanza imputati questi individui invece ne parlo qui.

Sul rapporto tra corpo e catcalling offro invece degli spunti adesso.
Stante il fatto che il catcalling sia una forma di interazione primitiva con il corpo altrui, che sia per apprezzamento o denigrazione, le ragioni per cui sia ancora praticato potrebbero afferire a una certa categorizzazione ed esemplarizzazione del corpo tuttora presenti nella società civile (molti Paesi che si considerano la culla della civiltà dovrebbero prendere esempio dalle Filippine, il Paese con forse il più alto tasso di crimini violenti al mondo e che ha reso reato le molestie da strada).
L’esemplarizzazione di cui parlo è che il corpo possa essere, in qualsiasi forma si declini questa cattiva abitudine, oggetto e soggetto di giudizio.
Il corpo è il tramite attraverso il quale la nostra identità e la nostra persona agiscono e reagiscono col mondo persistente; il corpo è quindi qualcosa di cui prendersi cura ma non da sfoggiare in senso stretto: i canoni estetici sono un tentativo di regolamentare una varietà biologica incontrollata e, come colpo di coda, ottengono la ghettizzazione di chi a questi canoni non può o non voglia aderire.
L’adesione al canone, soprattutto in “Occidente”, è una lotta contro una genetica ancestrale che assegna premi casuali e non a caso a chi partecipi a questa lotta viene offerto un lessico battagliero e militareggiante. Si premiano quindi la fortuna e/o la disciplina tipica del soldato, spesso al posto o a detrimento della salute e comunque della libertà degli individui di esistere in quanto innanzitutto manifestazione materiale della propria coscienza.

C’è un filo invisibile che lega la molestia verbale ai concorsi di bellezza, alla rincorsa della “forma giusta” per l’estate, all’elogio del canone come valore positivo. Younalogue è un progetto pluriennale che si occupa del corpo in molte delle sue declinazioni tramite il quale non mi stancherò mai di ripetere che il corpo non è un valore umano.
Il corpo, di per sé, si limita ad esistere: il suo unico e grande pregio è quello di permetterci di esperire il reale, quello di farsi abitare. Esprime solo in maniera estremamente parziale ciò che siamo come persone. Come conseguenza di ciò, il corpo non ci definisce e quindi non deve essere uno strumento di inclusione o esclusione sociale e tribale.
Eppure, nonostante i molti discorsi in questo senso, la retorica del giudizio fisico continua a muoversi assumendo quelle che sembrano forme innocenti (come gli apprezzamenti estetici non richiesti) nella cui ombra però prosperano forme più violente e lesive come, appunto, il catcalling.
Io non sono una donna e non posso comprendere appieno cosa significhi girare per strada ed essere squadrate, interpellate, fermate, considerate come involucro e non come individui: anche da uomo però, bastano sensibilità e intelligenza per capire la brutale limitatezza di questi comportamenti.
Un apprezzamento estetico si consegna solo a chi si disponga a riceverlo e nelle modalità in cui intenda venga consegnato. Questo, a margine della polemica che ha investito i media italiani in questi giorni: sulle altre forme che la molestia verbale riesce ad assumere, come quelle transfobiche e omofobiche, e di come la parola diventi arma di personicidio e suicidio ne tratterò più avanti grazie anche a delle gentilissime collaborazioni.
Per ora, concludo con il consiglio lasciato nel titolo: catcalling only on actual cats.

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Amo i gatti e visto che per coniare il termine catcalling sono stati scomodati questi splendidi animali ho pensato di corredare questo post con le uniche foto scattate in compagnia di un felino. La storia completa la trovi QUI.

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