39. Tonight the monkey dies

Dal nostro incontro ho fatto personalmente un percorso di accettazione che è passato dall’accettazione del mio corpo. Non è stato un’accettazione del corpo, è un’accettazione di quello che sono attraverso – finalmente – me come corpo! È un percorso lungo, che non è iniziato con te e non è ancora finito, ma è stato urgente e necessario, e chissà quando mi sarei decisa senza lo scossone che sei stato tu. Quante cose si sono sbloccate in quest’anno non saprei neanche dirtelo, e tu hai avuto senz’altro un ruolo fondamentale. Hai trovato il linguaggio che potesse convincermi, l’unico di cui sapessi al tempo fidarmi, quello di un valore artistico visibile: non si trattava di me, si trattava di fare qualcosa di bello. E mettersi in gioco è stato più facile, perché non sarei stata una delusione, perché non si trattava di me in quanto me, era una roba tua, mi facevo strumento. Potevo essere una delusione, perché tu avresti reso la cosa una cosa che valeva la pena. Però poi tu ribalti i ruoli e restituisci alle persone quello che tutti vogliono: uno sguardo diverso su loro stessi, la promessa di altre possibilità. La cosa che ti dicono più spesso è “rifacciamolo”. Perché quello che uno capisce partecipando al progetto è “posso. Quindi voglio ancora!”. Quindi mi accodo alla schiera dei fan del tuo progetto a tutto tondo, per il suo valore artistico, etico e morale, performativo e politico.
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